Il silenzio è d’oro, ma a volte bisogna parlare

Facendo gli auguri a un neodiciottenne la settimana scorsa, tra le prime cose che gli ho detto c’era anche: «Ehi, puoi andare a votare per le regionali!». In Liguria si rinnova il consiglio dopo i fatti giudiziari che hanno portato alle dimissioni del presidente Giovanni Toti.
«Non ci vado a votare» è stata la sua risposta. «Non mi interessa. E poi dovrei informarmi».

Nelle parole di quel ragazzo c’è tutto il fallimento della politica di oggi. Un fallimento a cascata che coinvolge la nostra società, dalla famiglia alla scuola.

In queste settimane di campagna elettorale le redazioni giornalistiche sono state sommerse da una quantità spropositata di comunicati stampa (da entrambe le parti, sia chiaro), alcuni praticamente identici, che prendevano di mira l’avversario politico e sfociavano in un imbarazzante botta e risposta a distanza dai toni che non erano certo di dialettica politica, ma un becero tentativo di screditare “l’altro”. A chi interessa questa roba? Ve lo dico da amica: a nessuno se non alle claque già convinte del proprio voto che si esaltano con poco. La comunicazione politica, oggi, è rivolta a chi già mastica questa roba tutti i giorni. In sostanza il linguaggio da social, quello da boomer incattiviti per capirci, è stato trasferito nelle comunicazioni ufficiali di esponenti e gruppi politici in una corsa estenuante (per chi ci lavora) a chi ha l’ultima parola.

Non è così che si convincono gli indecisi. Non è così che si inverte l’astensionismo, ma in una società in cui conta solo l’io, l’individuo, e in cui ormai si pensa che “i politici sono tutti uguali” e che non si possa cambiare nulla con il proprio voto, servirebbe ben altro: giganti nella visione e nella retorica, che non pensino prima alle alleanze che lo sono solo sulla carta e poi a tutto il resto.

Per il cittadino comune la parola “fare politica” è diventata sinonimo di qualcosa di sporco. «No, non parlo di politica». «Non mi interesso di politica». «Io non faccio politica, eh». Invece ogni nostra azione è un atto politico. Persino l’astensionismo lo è: l’atto politico più preoccupante per tutta la nostra società, ossia il disinteresse totale. Stiamo comunque troppo bene per pensare che le cose possano cambiare in molto peggio e chi sta male e fatica perché ormai è ai margini della società è talmente disilluso che non riesce più a pensare che qualcuno possa davvero rappresentare un’alternativa all’andazzo generale.

Per tornare ai giovani credo che chi si appassiona all’attivismo lo faccia ormai al di fuori dei partiti e dei sindacati, ma tutto questo non si traduce in voti probabilmente. Sarò curiosa di vedere le statistiche sull’affluenza per età.

Ma come si fa ad appassionarsi a qualcosa che ormai sembra essere al di sopra di ciò che il cittadino tocca quotidianamente? Con leggi scritte in modo astruso e incomprensibile anche per un laureato, dove in un’unico documento vengono racchiuse le tematiche più diverse da far passare tutte insieme? Dove le dichiarazioni spesso cambiano a seconda del contesto, delle alleanze e del pubblico che il politico di turno si trova davanti?

E anche sulle battaglie andrebbe fatta una riflessione (qui mi rivolgo soprattutto al centrosinistra).
Perché i diritti civili senza diritti sociali restano diritti individuali diceva Willie Peyote. Come dargli torto?

In una situazione come questa basta che le “truppe” si muovano al minimo indispensabile (vedi Imperia dove comunque c’è stato un crollo del voto) per orientare i risultati.

Infine una riflessione: in quest’epoca iperconnessa hanno ancora senso le regole che vietano agli enti pubblici di citare il nome e cognome dei vari assessori e dei sindaci quando ognuno ha il suo addetto stampa che manda da indirizzi privati la bella dichiarazione collegata a impegni istituzionali? E il silenzio elettorale? I candidati si sono organizzati via WhatsApp. C’è chi è meno invasivo e chi invece paventa, in base forse a exit poll che in teoria non dovrebbero essere comunicati a urne aperte, orde di elettori della parte avversa alle urne (il candidato è di centrodestra) e invita a diffondere ai propri contatti il messaggio per farli correre a votare.

  • Questo post è stato pubblicato un minuto dopo la chiusura delle urne

 


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