Quanto sono importanti i social in editoria?

Chi lavora in editoria può prescindere dai social? Le mie due anime da giornalista e da autrice di romanzi possono confermare che una buona fetta di persone ormai si informa tramite i social, che però cambiano continuamente forma. E raggiungere i lettori (di entrambi i mondi) è diventata un’impresa sempre più difficile. Siamo inoltre in una fase di grandi stravolgimenti legati all’intelligenza artificiale che sta già impattando parecchio sul crollo delle visualizzazioni dei siti di informazione.

Il recente Digital News Report 2025 dell’Istituto Reuters mostra che sui social si informa il 39% degli italiani, una percentuale però in calo rispetto al picco del 54% del 2016.


In tutto il mondo si registra invece l’aumento della fruizione delle notizie sui social spesso veicolate da influencer, youtuber e tiktoker. I video stanno vivendo un momento di spinta notevole: la percentuale di persone che fruisce di notizie video dai social è cresciuta dal 52% del 2020 al 65% del 2025.

E le testate giornalistiche? Questo sarà il vero problema del futuro anche se, con un po’ di lentezza, diversi editori stanno correndo ai ripari diversificando la loro offerta. Una volta bastava il link su Facebook per ottenere l’attenzione sulla notizia, oggi non più. L’algoritmo non dà visibilità a questo metodo, per cui si sono sviluppati altri mezzi: foto+link nei commenti, caroselli, reel, appunto.

Veicolare notizie attraverso i social di oggi, nella stragrande maggioranza dei casi, non porta click al sito: è utile per promuovere l’autorevolezza della testata e “il marchio”, ma la conversione è un obiettivo complesso, anche perché, sempre secondo lo studio, solo il 9% degli italiani che hanno risposto al sondaggio pagano per le news online e oggi, per sostenere il sistema, tante testate ormai ricorrono agli abbonamenti anche per le news online (altrimenti come ci pagano a noi giornalisti?).

I grandi quotidiani nel frattempo sono tornati alla cara vecchia newsletter, che però è un po’ invasiva, la formula del podcast, a livello produttivo, è un discreto salasso, se si vuol creare un prodotto all’altezza, ma, come dimostra il grafico della foto, in Italia ha ancora un ruolo marginale, il 6%. I canali whatsapp funzionano sino a un certo punto: essendo posizionati altrove rispetto alle chat ordinarie, la visibilità non è così immediata.

Da autrice self che ha sotto controllo il report ogni giorno, ho potuto constatare che se non parlo con costanza del mio romanzo sui social, le vendite si fermano. Questo mi fa sentire un po’ una piazzista di pentole da un lato, dall’altro sono conscia che le vendite già registrate (che sono state comunque un discreto numero) e i complimenti sinceri incassati non si sono ancora tradotti in quel passaparola sano che fa la fortuna di un libro. Sono ancora in quella fase in cui a comprare inizialmente sono le persone a te più vicine, ma che non hanno l’abitudine a veicolare e a recensire le loro letture non solo sui social, ma neanche sulle piattaforme di lettura o banalmente su Amazon. Inoltre Scintilla Inaspettata è un discreto mattoncino di oltre 500 pagine, ci vuole un po’ a leggerlo e quindi immagino che riscontri pubblici arriveranno con un po’ di ritardo, staremo a vedere. Connessione a rischio ha avuto una bella onda lunga di passaparola e io sono paziente.

Di recente sia su Instagram sia su TikTok diversi autori si sono lasciati andare a considerazioni legate al fatto che sarebbe più giusto impiegare il tempo trascorso a pianificare la promozione social nella scrittura, ma come dice Chiara Beretta Mazzotta nella sua ultima newsletter, tra i miti dell’editoria da sfatare c’è quello che una volta che il libro è stampato si venda da solo. In un mercato così saturo è davvero complesso farsi notare.

Chi sceglie il selfpublishing mette in conto il fatto che la promozione ricada tutta sulle sue spalle, mentre chi si affida a un editore di solito pensa il contrario. Figure come l’ufficio stampa e il social media manager possono permetterselo in pochi, l’editore promuove poco e spesso i soliti noti. Le piccole case editrici ricorrono al fai da te con risultati, spesso, minuscoli. E dunque? Al momento i social sono ancora un ottimo metodo per farsi conoscere, ma la strategia va pianificata con molta attenzione e soprattutto costanza.


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