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  • Every version of you di Grace Chan

    Every version of you di Grace Chan
    Every Version of YouEvery Version of You by Grace Chan
    My rating: 4 of 5 stars

    Comprato al Salone del Libro per caso, avvicinandomi a una bancarella e pescando un bigliettino su cui erano scritti dei generi da scegliere.
    Ho detto “distopico”, anche se io, di distopici, non ne leggo quasi mai: perché mi fanno stare male, perché colpiscono nel segno ipotizzando un mondo alternativo che tanto alternativo in effetti non è. Every Version of you non fa eccezione e proprio per questo stava per mandarmi in blocco, invece poi ho trovato lo stato d’animo giusto per leggerlo e alla fine ho pure versato qualche lacrima.
    Raccontando la trama ad amici hanno subito associato il tema a una puntata di Black Mirror, che io non ho visto.
    Le implicazioni etiche e filosofiche di abbandonare il proprio corpo in favore di una mente sempre connessa in un mondo bellissimo e perfetto (da cui tra l’altro i poveri sono esclusi) rispetto a quello attuale sono enormi, il fatto che si ceda la nostra umanità a una società privata che rende tutto il processo del “caricamento” su Gaia (il mondo alternativo) facile e indolore è un altro bello scrollone nei confronti della nostra contemporaneità.
    Tao-Yi non lo accetta e alla fine si ritrova isolata perché tutti i suoi amici e la stragrande maggioranza del genere umano decide di caricarsi e abbandonare la Terra, luogo ormai inospitale. E quali sono le conseguenze dell’abbandono da parte dell’essere umano del Pianeta in cui vive in favore di uno virtuale? Lo scopriamo leggendo.
    Il fatto che Tao-Yi sia una migrante è un altro elemento fondamentale per comprendere le sue scelte. Il suo percorso è anche una ricerca interiore (e non solo) sul capire chi è davvero.
    Lo stile di scrittura annulla il narratore, è tutto molto oggettivo, quasi asettico eppure colpisce a livello emotivo.

    TRAMA: Australia, ventunesimo secolo, Tao-Yi, giovane migrante malesiana, vive sospesa tra due mondi: la realtà fisica, fragile e in declino, e Gaia, un universo virtuale dove tutto è più intenso, più bello, più facile. Qui, insieme al suo compagno Navin, trascorre sempre più tempo: corpi abbandonati in Neurogusci, menti immerse in una perfezione programmata. Ma quando Gaia si prepara a un aggiornamento irreversibile, Tao-Yi è costretta a confrontarsi con una scelta difficile: continuare a vivere in un’illusione meravigliosa o tornare a una realtà imperfetta, ma autentica. Grace Chan si addentra nei confini di identità e simulazione, umano e post-umano. Un romanzo che unisce l’inquietudine di “Black Mirror”, la delicatezza emotiva di “Never let me go” e la visionarietà di “Neuromante”.
  • Famiglia nel bosco, un esempio di come non fare giornalismo

    Famiglia nel bosco, un esempio di come non fare giornalismo

    Mi ero ripromessa di non scrivere una parola sulla vicenda della famiglia del bosco tenuto conto che nel tempo libero faccio la volontaria in una comunità per minori. Invece eccomi qui non per esprimermi sulla questione, ma per raccontare di come non si dovrebbe, opinione mia personale sia chiaro, fare giornalismo da tifosi soprattutto per questioni così delicate e che coinvolgono pure la deontologia professionale. Sì perché mica esiste solo per il calcio questa pessima regressione della professione.

    Negli articoli di uno dei primi quotidiani italiani emerge quanto chi scrive spinga per il SUO lieto fine, puntando, anche sull’avvicinarsi del Natale.

    In situazioni del genere invece, occorrerebbe restare più distaccati perché il lieto fine, per ora, potrebbe non essere il ricongiungimento famigliare se i genitori non si dimostrano “responsabili” (oggi nel codice civile si parla di responsabilità genitoriale e non più di potestà genitoriale proprio perché si vuole salvaguardare gli interessi del minore, più che a garantire ai genitori l’esercizio di un potere di direttiva nei confronti della prole).

    Nell’elenco degli articoli che sono correlati alle ultime notizie e che potete vedere in uno degli screenshot, il tenore dei titoli è tutto volto a minimizzare la situazione citando esempi di decenni fa o raccontando le gare di solidarietà scatenate dall’ampia visibilità mediatica della vicenda. Una visibilità mediatica che non tutela certo i minori, visto che per un bel po’ saranno marchiati e ben riconoscibili nonostante i pixel sui volti essendo noti i nomi e cognomi dei genitori in barba alla Carta di Treviso.


    Altro passaggio che mi ha fatto saltare sulla sedia a livello professionale: per tutti i bambini che si trovano in una casa famiglia la quota di “alloggio” è pagata dal Comune, succede così ovunque. In uno degli articoli, invece, viene sottolineato che il sindaco si è offerto per pagare le spese mettendo addirittura la cifra: 244 euro al giorno. Una frase che non chiarisce a mio parere se il sindaco questi soldi ce li ha messi di tasca sua come donazione alla casa famiglia.

    Anche negli articoli, di cui allego lo screenshot, emerge uno sbilanciamento a favore della difesa, probabilmente la fonte di chi scrive, tanto che i problemi legati alle difficoltà di leggere e scrivere dei bambini sono stati raccontati citando Il Messaggero.

    Infine altri due esempi, sempre visibili nello screenshot: quell’ “anche” nel titoletto sui vaccini è un modo per rimarcare quanto i genitori siano collaborativi e quindi meritino una possibilità. “Il nodo dell’istruzione potrebbe essere d’ostacolo” è un’altra espressione che induce il lettore a pensare che il lieto fine sia ostacolato da tutta questa robaccia burocratica…


    I lavori nella casa nel bosco mai iniziati (l’articolo è più datato, non so come si stia evolvendo la cosa) sono definiti un “piccolo giallo”. Perché piccolo?

  • Toni Bellasalma, segnalazione e recensione

    Toni Bellasalma, segnalazione e recensione

    Non sono una lettrice seriale di fumetti, preferisco i libri, ma quando ho sentito dell’uscita di Toni Bellasalma, edito da Bugs e previsto ogni mese in edicola, non vedevo l’ora di averlo tra le mani.

    Chiariamo una cosa: il curatore della collana e sceneggiatore, Luca Blengino, è uno dei miei più cari amici. Ci frequentiamo da più di 30 anni, ma questo non mi impedirà di essere oggettiva, del resto da giornalista che scrive recensioni settimanalmente su spettacoli di teatro o d’opera, so benissimo come separare il giudizio dall’amicizia.

    Specialista in situazioni assurde, esperto di stocastica esoterica, Bellasalma abita a Torino, ha l’ufficio nel retro del bar di “Gino l’abusivo” in via Cibrario 38B (andate a vedere cosa c’è davvero con street view), ha uno strano tatuaggio sulla mano destra, beve Bianchetto, che ricorda molto il Biancosarti e, grazie a incredibili calcoli che fa a mente, riesce a risolvere situazioni molto intricate o a prevedere quando smetterà di piovere. Magia? Qualcosa di simile.

    Il personaggio è nato in realtà all’interno di una raccolta di racconti che si chiama Halloween Killers uscito nel 2022 (e che grazie a Toni sta di nuovo salendo nelle classifiche Amazon) e il numero 1 è in sostanza l’adattamento a fumetti di quello scritto.

    Toni non sembra avere un’età definita anche se, da quello che dice nel primo episodio, ne ha almeno una sessantina e chiaramente in questo numero 1 noi lettori scevri di informazioni ci fidiamo, mentre immagino che impareremo a capire che Toni in realtà le spara grosse. In un’intervista che consiglio a chi vuole saperne di più, Blengino (visto che sono in modalità professionale?) ha detto che in sostanza Toni, quando parla, “ne dice di ogni”, mentre ciò che vediamo sulle tavole è tutto vero. Che sia un abile mistificatore lo si evince anche dalla presentazione sul sito.
    Nel numero 1 questa caratteristica si intuisce quando Toni parla di Torino come vertice del triangolo della magia verde con Stoccolma e Buenos Aires e di quella fucsia con Palermo e Kuala Lumpur e capiamo anche che Toni sia del tutto inaffidabile quando non restituisce i soldi a Tecla, cameriera del bar di Gino e in realtà una strega di 88 anni e personaggio secondario che ha stuzzicato in modo particolare l’interesse dei lettori.

    Un altro personaggio che iniziamo a conoscere è il vicequestore Peroni, un tizio non proprio sveglissimo che a Toni deve la vita visto che lo ha salvato da un gruppo di cannibali gourmet.

    In questo primo episodio Toni viene ingaggiato da una vedova accusata di aver fatto secco il marito, a cui sono state strappate le mani. La donna vuole trovare l’assassino per essere scagionata e beccarsi la cospicua eredità.

    Toni ricorda che in giro c’è ancora un serial killer che strappa le mani e si appoggia all’amico Peroni per avere accesso a foto e reperti. Arriverà alla soluzione sfidando davvero la morte, in un modo che è impensabile. Una trovata che per me è geniale. Il modo in cui Toni salverà pure se stesso è una dimostrazione notevole di ciò che sa fare.

    La copertina è di Riccardo Randazzo con colori di Fabio D’Auria, i disegni di Antonio Di Caprio. Segnalo che esiste una variant con una manica di Toni insanguinata.

    Non sono un’esperta di fumetti per cui non posso giudicare i disegni con grande competenza. Ho apprezzato da semplice lettrice la gestione dei momenti splatter trovando comunque una certa pulizia e precisione e soprattutto realismo. Ogni tavola è disegnata con un tratto veramente piacevole, “ordinato”, ma anche ricco nei dettagli. Ho apprezzato molto anche l’uso del nero, molto adeguato per caratterizzare i momenti “bui”.

    Trovo che la copertina ci dica già parecchio del personaggio e del suo modo di affrontare la vita: la bottiglia sulla scrivania, il look un po’ trasandato con la barba incolta, gli occhiali da sole anche in ufficio, il sorriso ammiccante al lettore. Proprio questo è un punto di raccordo con l’impostazione che Blengino mi sembra abbia voluto dare: una sorta di io narrante che scopriremo credo anche nei prossimi numeri. Un io narrante che, a giudicare da quello che ho segnalato prima, sarà totalmente inaffidabile. Il racconto delle sue avventure sembra quasi a posteriori: quel “situazioni assurde come quella in cui mi stavo per infilare” che ci dice Toni quando la vedova entra nel suo ufficio, me lo fa sospettare.

    Il vero punto di forza di Toni Bellasalma, che emerge fortissimo in questo numero, è l’ironia applicata all’horror. Il nostro protagonista è un cialtrone che beve e si infatua facilmente, che non ha un soldo, probabilmente, ma è anche molto sicuro di sé.

    Bellasalma, a partire dal nome che non capisco perché abbia fatto così discutere la comunità dei lettori di fumetti (io lo trovo ottimo da ricordare perché colpisce, detto da una che ha come soprannome Morta, poi), è un fumetto di totale intrattenimento, senza secondi fini. Di Blengino gli affezionati di Bugs avranno sicuramente apprezzato Valery, l’episodio più osannato probabilmente di Samuel Stern, una storia matura, intensa, che indagava sui vuoti dell’anima (qui una bella recensione). Sul mercato francese Blengino è noto per tante serie storiche (io personalmente ho apprezzato molto Le 7 Meraviglie), altra storia che è un gioiellino è La Contorsionista, mentre qui è puro cazzeggio, con tanti momenti non-sense che fanno guadagnare punti al fumetto invece che perderli, un divertissement in pieno “Luca style” (fidatevi di chi lo conosce bene) con il suo linguaggio affilato e similitudini di certo non scontate: “A Torino la buccia della realtà è sottile come una cartina. Basta uno sputo per passarci attraverso”. Una sceneggiatura che ha tratti letterari.

    Blengino gioca, inventa (sto ancora ridendo per quante volte si è colpito con un ago Taddeus Larvat prima di lasciarci le penne e come si è ridotto e per il dito medio di uno dei Kappa sulle rive del Po) ed è per questo che consiglio di leggere più volte questo primo numero perché ogni volta emergono dettagli nuovi. Toni è leggero, intrattenimento, ma per comprenderlo sino in fondo, secondo me, serve tempo proprio perché è “ricco”.

    La trasformazione di Toni in una bella donna (non spoilero troppo, spero) è stato un momento piuttosto sorprendente in quanto la prima vera dimostrazione di “magia” legata comunque ai numeri. Mentre nel passaggio finale la stocastica esoterica ha un suo perché, questo invece è più difficile da capire/accettare.

    Non riguarda il fumetto, ma tra le cose che mi sono piaciute di meno sono le frasi tranchant, per usare un eufemismo, sui social di chi a priori ha bocciato il progetto senza leggerlo
    perché è deluso dagli altri fumetti Bugs;
    perché pensa che Toni sia un clone sfigato di Dylan Dog (spoiler: no, no e ancora no) trovando inesistenti connessioni con il titolo fighissimo del secondo numero (in uscita il 30 dicembre) “La botte dei morti viventi“, citazione invece piuttosto evidente del film di Romero;
    perché il nome fa schifo;
    perché nel 2025 trovare una griglia bonelliana in un fumetto con vibes anni Novanta è un’eresia.

    Non pensavo che la comunità dei lettori di fumetti in Italia fosse così polarizzata, ma del resto l’andazzo sui social ha preso questa deriva.

    Nell’epoca del tutto e subito, dello scroll compulsivo, un primo numero che non dà subito tutte le risposte, che non presenta subito tutti i personaggi e gioca con il lettore viene percepito come un po’ deludente. Non tutti i delusi dalla prima uscita, rilevo, sono stati così netti e chi non è stato convinto appieno, da quello che ho letto in giro, ha sospeso il giudizio in attesa di altri numeri.

    Di certo Bellasalma fa discutere e soprattutto sembra un personaggio che o si odia o si ama.
    Per me è un grande sì. Per voi?

  • Quanto sono importanti i social in editoria?

    Quanto sono importanti i social in editoria?

    Chi lavora in editoria può prescindere dai social? Le mie due anime da giornalista e da autrice di romanzi possono confermare che una buona fetta di persone ormai si informa tramite i social, che però cambiano continuamente forma. E raggiungere i lettori (di entrambi i mondi) è diventata un’impresa sempre più difficile. Siamo inoltre in una fase di grandi stravolgimenti legati all’intelligenza artificiale che sta già impattando parecchio sul crollo delle visualizzazioni dei siti di informazione.

    Il recente Digital News Report 2025 dell’Istituto Reuters mostra che sui social si informa il 39% degli italiani, una percentuale però in calo rispetto al picco del 54% del 2016.


    In tutto il mondo si registra invece l’aumento della fruizione delle notizie sui social spesso veicolate da influencer, youtuber e tiktoker. I video stanno vivendo un momento di spinta notevole: la percentuale di persone che fruisce di notizie video dai social è cresciuta dal 52% del 2020 al 65% del 2025.

    E le testate giornalistiche? Questo sarà il vero problema del futuro anche se, con un po’ di lentezza, diversi editori stanno correndo ai ripari diversificando la loro offerta. Una volta bastava il link su Facebook per ottenere l’attenzione sulla notizia, oggi non più. L’algoritmo non dà visibilità a questo metodo, per cui si sono sviluppati altri mezzi: foto+link nei commenti, caroselli, reel, appunto.

    Veicolare notizie attraverso i social di oggi, nella stragrande maggioranza dei casi, non porta click al sito: è utile per promuovere l’autorevolezza della testata e “il marchio”, ma la conversione è un obiettivo complesso, anche perché, sempre secondo lo studio, solo il 9% degli italiani che hanno risposto al sondaggio pagano per le news online e oggi, per sostenere il sistema, tante testate ormai ricorrono agli abbonamenti anche per le news online (altrimenti come ci pagano a noi giornalisti?).

    I grandi quotidiani nel frattempo sono tornati alla cara vecchia newsletter, che però è un po’ invasiva, la formula del podcast, a livello produttivo, è un discreto salasso, se si vuol creare un prodotto all’altezza, ma, come dimostra il grafico della foto, in Italia ha ancora un ruolo marginale, il 6%. I canali whatsapp funzionano sino a un certo punto: essendo posizionati altrove rispetto alle chat ordinarie, la visibilità non è così immediata.

    Da autrice self che ha sotto controllo il report ogni giorno, ho potuto constatare che se non parlo con costanza del mio romanzo sui social, le vendite si fermano. Questo mi fa sentire un po’ una piazzista di pentole da un lato, dall’altro sono conscia che le vendite già registrate (che sono state comunque un discreto numero) e i complimenti sinceri incassati non si sono ancora tradotti in quel passaparola sano che fa la fortuna di un libro. Sono ancora in quella fase in cui a comprare inizialmente sono le persone a te più vicine, ma che non hanno l’abitudine a veicolare e a recensire le loro letture non solo sui social, ma neanche sulle piattaforme di lettura o banalmente su Amazon. Inoltre Scintilla Inaspettata è un discreto mattoncino di oltre 500 pagine, ci vuole un po’ a leggerlo e quindi immagino che riscontri pubblici arriveranno con un po’ di ritardo, staremo a vedere. Connessione a rischio ha avuto una bella onda lunga di passaparola e io sono paziente.

    Di recente sia su Instagram sia su TikTok diversi autori si sono lasciati andare a considerazioni legate al fatto che sarebbe più giusto impiegare il tempo trascorso a pianificare la promozione social nella scrittura, ma come dice Chiara Beretta Mazzotta nella sua ultima newsletter, tra i miti dell’editoria da sfatare c’è quello che una volta che il libro è stampato si venda da solo. In un mercato così saturo è davvero complesso farsi notare.

    Chi sceglie il selfpublishing mette in conto il fatto che la promozione ricada tutta sulle sue spalle, mentre chi si affida a un editore di solito pensa il contrario. Figure come l’ufficio stampa e il social media manager possono permetterselo in pochi, l’editore promuove poco e spesso i soliti noti. Le piccole case editrici ricorrono al fai da te con risultati, spesso, minuscoli. E dunque? Al momento i social sono ancora un ottimo metodo per farsi conoscere, ma la strategia va pianificata con molta attenzione e soprattutto costanza.

  • Scintilla Inaspettata, com’è andata la prima presentazione pubblica

    Scintilla Inaspettata, com’è andata la prima presentazione pubblica

    Chi scrive libri lo sa, la presentazione è probabilmente il momento più atteso perché ti permette di confrontarti con il pubblico e soprattutto ti dà il termometro di quanto il tuo romanzo possa attirare l’attenzione anche di sconosciuti grazie al tam tam sui social o sui giornali.

    Per cui l’ansia ha rimpicciolito il mio stomaco per tutta la giornata di mercoledì 29 ottobre sino all’ora X delle 18. La pioggia e diversi messaggi dispiaciuti di persone che mi hanno avvisato che non sarebbero riuscite a venire avevano reso il mio umore più blu dei colori guida di questo sito.

    La sala vuota è uno spettro che aleggia sempre. Non si sa mai cosa può succedere. Durante la settimana ho postato ogni giorno sia su Facebook sia su Instagram, ci sono state news sull’evento pubblicate su vari siti, una bella intervista a Radio Babboleo. Alla prova dei fatti, però, a parte due ragazze che immagino frequentino il posto, il pubblico era legato alla mia cerchia di conoscenze neanche più strette e questo è un segnale meraviglioso perché le connessioni contano e la stima e l’amicizia restano nel tempo.

    Alla fine è stato tutto bellissimo, condiviso e divertente. Una sorta di happening collettivo e informale con persone che sono arrivate a sorpresa, soprattutto una (Marco!) che non vedevo da anni.

    L’idea del posto è nata da un suggerimento di una collega, Isabella Rizzitano, che mi ha consigliato Bla Bla Book, la biblioteca di quartiere in salita del Prione a Genova 34r, un luogo molto carino e nato grazie a un progetto della Cooperativa Sociale Il Cesto che fa parte di “Prione Social Street”, il progetto di rigenerazione del centro storico. Ospita libri che si possono prendere in prestito, bookcrossing, spazio di coworking e una bella sala per le presentazioni.

    L’atmosfera era quella giusta, le persone anche. Ho portato i pomodori coltivati da mio marito da degustare prima o durante la chiacchierata e hanno avuto un bel successo.

    Mi ha fatto piacere parlare di Scintilla per la prima volta davanti a un pubblico in carne e ossa (e devo ringraziare Beatrice Radi, la mia editor, per aver condotto benissimo la serata): ho raccontato di com’è nato, del perché ho scelto determinati personaggi, di come mi sono documentata e così via. Sono arrivate domande interessate, che mi hanno riempito il cuore. L’ora di presentazione è volata e siamo d’accordo con Silvia Dainese, artista e una delle anime di Bla Bla Book, che organizzeremo un evento dedicato al self publishing e al mondo editoriale probabilmente a gennaio.

    Il messaggio privato delle ragazze di Dreamage Book Blog, che mi hanno fatto il regalo di essere presenti

    Adesso ho in ballo un’altra presentazione, ma penso coinvolgeremo anche l’altra mia anima gialla legata a Connessione a Rischio, da Ama, altra Biblioteca di quartiere alla Maddalena gestita dall’omonima associazione di cittadini. E poi chissà… se il libro prenderà un po’ piede anche a livello di passaparola (aiutatemi con recensioni e condivisioni, se vi è piaciuto o anche se non vi è piaciuto) potrei anche fare una trasferta savonese.

    La foto di apertura è di Giulia Mietta, amica e collega che mi ha sempre supportata anche da scrittrice.

  • Estasi Americana – CJ Leede

    Estasi Americana – CJ Leede
    Estasi americanaEstasi americana by C.J. Leede
    My rating: 3 of 5 stars

    Provo emozioni contrastanti nei confronti di questo romanzo che è un horror ma ha anche una forte componente di pulsioni sessuali adolescenziali appena scoperte, in cui basta uno sguardo e uno sfioramento per mandare a fuoco la protagonista. Non grido al capolavoro, non posso dire che non mi sia piaciuto, lo inserisco nella media anche perché con Sophie non sono riuscita a empatizzare troppo: il suo arco di trasformazione è più una sorta di linea che ha uno scossone verso la fine anche se è comprensibile quanto sia complicato uscire da una situazione di totale controllo da parte di altri (in questo caso i genitori) nei confronti della protagonista.

    Dopo 16 anni di controllo genitoriale in una famiglia ultracattolica, Sophie è costretta a fuggire da casa a causa di un’epidemia che trasforma le persone in mostri affamati di sesso e con tendenze omicide. Alla ricerca del fratello gemello Noah, allontanato anni prima dalla famiglia perché gay, Sophie incrocia un poliziotto, Maro, che decide di aiutarla e portarla in un posto sicuro. Tra i due si instaura una connessione speciale. Sopravvivono a un tornado, ad assalti vari e a loro si unisce un cane ferocissimo, Barghest, che diventerà la guardia del corpo della ragazza. In un centro di vaccinazione improvvisato Sophie ritrova il compagno di scuola Ben, per cui prova una strana (per lei) attrazione e al gruppo si uniscono anche altre due ragazze e un bambino. A complicare le cose ci pensano gruppi di estremisti cattolici che vogliono impedire le vaccinazioni e danno fuoco ai centri, macchiandosi anche di orribili delitti. Le cose precipiteranno sempre di più.

    Aspetti positivi: sicuramente Estasi Americana ti tiene incollata alle pagine, ho anche versato qualche lacrima nella parte finale. Le descrizioni più crude sono piuttosto efficaci. Mi è piaciuto il fatto che i vari capitoli siano intervallati da un riassunto di manualistica per fare cose più disparate.

    Aspetti meh: ritengo che sia più adatto a un target giovanile. Penso che possa spopolare tra le adolescenti che non si formalizzano troppo nel leggere scene splatter proprio perché la componente legata al desiderio e alle pulsioni che Sophie finalmente scopre è molto presente, per me troppo presente. Cioè, in una situazione così estrema il fatto che Sophie vada in ebollizione ogni volta che Maro o Ben la guardano o la toccano richiede una sospensione dell’incredulità eccessiva per quanto mi riguarda.
    Però comprendo che il messaggio di C.J Leede sia legato al concetto di peccato, di senso di colpa, di ruolo della donna e che quindi la crescita di consapevolezza di Sophie che non sa e non crede di essere bella (altro cliché presente in tanti young adult) doveva essere il filo rosso e l’aspetto principale della trama.

    Quindi, tirando le fila, consiglio il romanzo ai più giovani. Ultima annotazione: C.J. Leede lo ha scritto per omaggiare il suo cane e ci dice che è la prima cosa che ha scritto tanti anni fa. In effetti si capisce che è un titolo precedente a Maeve che ho apprezzato molto di più anche a livello di maturità della scrittura.
  • A che punto è la notte – Fruttero e Lucentini

    A che punto è la notte – Fruttero e Lucentini
    A che punto è la notteA che punto è la notte by Carlo Fruttero
    My rating: 4 of 5 stars

    Una fredda sera di febbraio don Pezza viene ucciso da una bomba mentre sta terminando la sua predica nella chiesa gremita. Il commissario Santamaria si trova per le mani il caso più scottante della sua carriera, un mosaico confuso nel quale gli affari di un parroco visionario si intrecciano con quelli della più grande industria italiana.
    Secondo romanzo con protagonista il commissario Santamaria. Rispetto alla Donna della Domenica questo è molto più lento e molto più complesso. Confesso che all’inizio facevo fatica ad andare avanti, poi l’ho apprezzato molto.
    Tanto per far capire: il morto arriva tipo a pagina 180 o giù di lì, se non ricordo male. Prima c’è tutta una costruzione fatta di tantissimi personaggi che gravitano attorno alla chiesa di Santa Liberata e a don Pezza. La preparazione al botto, è il caso di dirlo, durante una delle prediche del prete.
    Fruttero e Lucentini sono sempre abilissimi a tratteggiare i personaggi dando loro tridimensionalità, anche a quelli meno importanti.
    La trama gialla è in realtà un’occasione per Fruttero e Lucentini di raccontare “altro”. In questo caso si filosofeggia alla grande tra gnosi, il topos e così via, si parla sempre di Torino e della sua borghesia, in questo caso si arriva anche a toccare “l’intoccabile” ossia la Fiat (ricordo che il romanzo è degli anni Settanta). Linguaggio sempre molto godibile che per alcuni può risultare datato solo perché meno semplice di quello a cui siamo abituati.
    La difficoltà di raccontare un romanzo così corposo e ricco l’ho vista anche nella trasposizione cinematografica, decisamente meno riuscita di quella della Donna della domenica.
  • Balkan Football Club – Gianni Galleri

    Balkan Football Club – Gianni Galleri
    Balkan Football Club: Viaggio rocambolesco alla ricerca di utopie e rigori sbagliati (Italian Edition)Balkan Football Club: Viaggio rocambolesco alla ricerca di utopie e rigori sbagliati by Gianni Galleri
    My rating: 4 of 5 stars

    Questo non è solo un libro sul calcio balcanico, sui suoi eroi e sulla tifoseria, è molto di più. Un mix di storia e sociologia per provare a capire quella parte di Europa.
    Galleri è un vero esperto, conosce davvero con grande competenza il calcio di quei Paesi e anche la storia e non parlo mica solo degli Stati più “famosi”, parlo anche di Kosovo e Macedonia. Davvero complimenti all’autore per il lavoro svolto frutto di anni di contatti con il mondo ultras di quei posti.
    Mi ha stupito che questo libro sia esaustivo anche nel raccontare i fallimenti durante le visite: stadi chiusi o troppo in disuso per essere visitati. Nessuno sconto, grande realismo.
    Un affresco sull’Europa Centro-Orientale meno nota.
  • Diventare giornalista oggi / 3 – La verifica delle fonti nell’era dell’Ai

    Diventare giornalista oggi / 3 – La verifica delle fonti nell’era dell’Ai

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  • Basterebbe una sedia

    Basterebbe una sedia

    Come giornalista mi è capitato di lavorare in condizioni difficili sia meteorologiche sia ambientali. Sono e siamo consapevoli, tutti noi che facciamo questa professione, che non ci si può aspettare grandi comfort quando si segue una manifestazione, o un evento catastrofico, o quando si attende per strada l’arrivo di un personaggio importante.

    L’emergenza è un conto, invece ancora capita che in uno degli eventi fieristici più importanti non solo per la città dove vivo, ma anche per l’Italia, l’organizzazione non pensi ad agevolare il nostro lavoro durante l’evento inaugurale.

    Sistemati in due recinti lontano dal palco e privi di sedie, una divisione ormai anacronistica tra operatori video e giornalisti, ignorando che chi lavora per il web, di solito, deve fare sia l’articolo, sia il video sia la foto: gli “operatori” sistemati più avanti, i “giornalisti” nelle retrovie. La categoria è ormai da anni trattata così.

    Il bello è che di sedie, all’inaugurazione di questa fiera così importante, ce ne sono centinaia come si vede nel video qui sotto: per gli invitati istituzionali tra politica, associazioni datoriali, forze dell’ordine e così via.

    Tutti seduti.

    Tranne i giornalisti.

    O meglio, la maggior parte dei giornalisti. Perché alcune testate qualche posto ce l’hanno, ma non è chiaro, non si è mai saputo, come si ottiene l’ambito talloncino che consente l’accesso al posto “riservato stampa” (una fila su boh? cento).

    Guardate quante belle sedie

    I colleghi delle agenzie, abbastanza sconsolati, hanno preferito seguire l’evento in streaming dalla sala stampa collegandosi con le tv che trasmettevano l’inaugurazione. La rapidità di lancio, in situazioni di rilievo nazionale come questa, è fondamentale e come puoi farlo se non hai neanche un posto dove appoggiarti?

    E quello che mi domando è: perché a nessuno viene in mente che basterebbe una sedia per agevolare il nostro lavoro? Siamo abituati, ci sappiamo arrangiare.

    Non è mica l’unico posto in cui è successo: è capitato in Regione, qualche anno fa, che a una conferenza stampa, non a un evento pubblico, fossero seduti tutti gli invitati dai politici interessati al tema della conferenza e noi in piedi.

    Anche allo stadio Luigi Ferraris, nelle partite di cartello, non ci sono abbastanza posti nella sala conferenze post partita. Chi arriva dopo, perché magari deve pubblicare subito il pezzo, male alloggia e deve sedersi per terra, salvo dover alzarsi per fare la domanda e non riuscire a scrivere ciò che l’allenatore risponde perché l’educazione ti vieta di risederti e sparire dalla sua vista mentre si rivolge a te.

    Ci basterebbe poco per poter lavorare e dare il nostro meglio. Una sedia sarebbe un buon inizio.